Autoclave per sterilizzazione, quale scegliere?

Cos’è un’ autoclave?

L’autoclave è, di fatto, una caldaia dotata di una o più porte di accesso per il carico e lo scarico del materiale da sterilizzare., in cui si produce vapore sotto pressione per raggiungere alte temperature con lo scopo di eliminare i germi.
Il corpo dello sterilizzatore è costituito da una camera a doppio involucro nella cui intercapedine circola il vapore.
Quando il vapore viene immesso nella camera, essendo più leggero dell’aria, si porta nella porzione più alta del recipiente, costringendo l’aria presente ad uscire dal basso attraverso una valvola termostatica. L’espulsione dell’aria è fondamentale: il calore umido, sotto forma di vapore d’acqua, cede la propria energia condensando sulla superficie degli oggetti da sterilizzare provocando l’azione letale per i microrganismi; ma deve essere vapore saturo, ossia vapore acqueo in presenza del suo liquido, in assenza di aria e in condizioni di equilibrio.
Il vapore saturo si ottiene riscaldando, fino alla temperatura di saturazione in autoclave, un determinato volume di acqua in assenza di aria.
Se permane aria nello sterilizzatore si mescola con il vapore cosicché la pressione che ne risulta è la somma tra la pressione parziale del vapore e quella dell’aria e, come risultato, la temperatura della miscela risulterà più bassa di quanto la pressione rilevata farebbe supporre, con conseguente possibile mancata sterilizzazione.
In alcune autoclavi è possibile fare uscire l’aria dallo sterilizzatore prima che venga immesso il vapore creando, tramite una pompa, un vuoto di pochi mmHg di pressione assoluta oppure immettere il vapore nella camera mentre viene prodotto il vuoto.

Nelle più sofisticate, come vedremo, il ciclo di sterilizzazione vero e proprio viene fatto precedere da una serie di fasi successive di estrazione dell’aria e di immissione del vapore che, oltre ad effettuare il preriscaldamento, contribuiscono ad espellere dagli interstizi tutta l’aria residua.

Nelle autoclavi di nuova generazione il vapore saturo è prodotto da un generatore esterno. In questo modo viene totalmente eliminato il problema della corrosione e della formazione di cattivi odori presente nelle autoclavi di vecchia generazione, in cui il vapore veniva autoprodotto nella camera di sterilizzazione. In alcune autoclavi è presente un filtro da 0,2 mm per la sterilizzazione dell’aria aspirata in camera ed è fornita la funzione di asciugatura con l’ausilio della pompa per vuoto programmata con varie introduzioni di aria sterile per la totale evacuazione dell’umidità.
In commercio esiste un’ampia scelta di autoclavi di sterilizzazione a vapore saturo, da banco, da pavimento con camera di sterilizzazione orizzontale o verticale, di varie dimensioni; il volume della camera di un’autoclave può andare da 3, a 15, a 60 litri, per le autoclavi standard da laboratorio, fino a 150, a 500, 750 e addirittura 1000 e 1500 litri per le grandi autoclavi di uso di ospedaliero.
I modelli di autoclave con camera orizzontale sono disponibili a una, a doppia porta, a scorrimento orizzontale o verticale, oppure con porta a libro, con profondità della camera variabile tra 500, 620, 920, 1220 e 1820 mm.

Come funziona un’autoclave

I procedimenti di sterilizzazione sono determinati dai rapporti tra tempo, temperatura e pressione.
Per quanto riguarda il ciclo di sterilizzazione, il modello è quello dei grandi impianti ospedalieri, i quali, pur con varianti a seconda dell’impiego, utilizzano essenzialmente un ciclo standardizzato:

  • fase di vuoto iniziale. Il migliore vuoto è quello ottenuto con pompe meccaniche. Possiamo avere:
    • Vuoto meccanico singolo: una potente pompa provoca una potente aspirazione asportando le sacche d’aria presenti nella camera. Il vuoto meccanico così ottenuto assicura un’ottima qualità del ciclo di sterilizzazione di strumenti liberi ed imbustati.
    • Vuoto meccanico frazionato: una pompa a doppia testa provoca ripetute fasi di depressione (solitamente 3) al fine di garantire la perfetta aspirazione delle sacche d’aria presenti nella camera di sterilizzazione e all’interno di materiale cavo (manipoli) e poroso (tessuti, garze). Il vuoto meccanico frazionato rappresenta la massima espressione tecnologica con qualsiasi tipo di materiale.
  • generazione del vapore con salita in pressione fino al valore nominale di ciclo (per esempio, 2,05 bar per il ciclo a 134°C)
  • mantenimento della pressione e temperatura per tutto il periodo di esposizione (per esempio, quattro minuti per carichi non imbustati a 134°C)
  • scarico del vapore
  • fase/i di asciugatura, rigorosamente sottovuoto (eventualmente con ricircolazione di aria sterile alla fine della/e singola/e fase/i di vuoto) garantito dalle pompe descritte al primo punto. Fase estremamente importante perché gli strumenti umidi sono più facilmente aggredibili dai microrganismi presenti nell’atmosfera.

Sono considerate efficaci queste combinazioni:

115-118°C 40 minuti 1 bar
121-124°C 15 minuti 1 bar
126-129°C 10 minuti 1 bar
134-138°C 3-4 minuti 2 bar

L’attuale normativa di riferimento

La costruzione e il corretto impiego delle autoclavi sono disciplinate da una consistente serie di normative, non solo nazionali. Negli ultimi anni, infatti, le aziende del settore biomedicale hanno visto progressivamente realizzarsi l’auspicata convergenza e armonizzazione delle varie normative e legislazioni emanate nei diversi paesi.
Le direttive comunitarie di nuovo approccio impongono che un dispositivo medico, per poter liberamente circolare nei paesi della UE (Unione Europea), debba soddisfare a prescrizioni tecniche generali, i cosiddetti RESS – Requisiti Essenziali di Sicurezza e Salute per quanto riguarda progettazione, fabbricazione e distribuzione.
La normativa tecnica europea stabilisce invece, parallelamente, le specifiche adeguate che interpretino i requisiti essenziali e li rendano concretamente applicabili ai prodotti coinvolti.
In sintesi:

  • le direttive comunitarie fissano i requisiti essenziali (generici)
  • la normativa tecnica europea (armonizzata) conforme ai requisiti essenziali delle direttive può essere utilizzata come riferimento volontario per la fabbricazione dei prodotti stessi

Gli enti di normazione europea CEN e Cenelec (corrispondenti a ISO e IEC in campo internazionale) lavorano su mandato formale dell’autorità legislativa per emettere norme tecniche che, se pur volontarie, assumono uno stato privilegiato rispetto al diritto comunitario. Se un prodotto, infatti, soddisfa le norme volontarie, si presume che soddisfi parimenti i requisiti essenziali legislativi.

Le normative sulle piccole autoclavi a vapore d’acqua


Questi prodotti sono regolamentati da una norma (prEn 13060) che ha come obiettivo principale quello di definirne i parametri costruttivi generali, con le relative specifiche normative di riferimento, delle caratteristiche funzionali della macchina e dei test di verifica che sono necessari al produttore per classificare le proprie autoclavi e per garantire le prestazioni promesse, previste dalla classe di appartenenza.
A livello costruttivo, infatti, esistono sostanziali differenze, tra i diversi modelli in commercio: non tutti gli sterilizzatori possono trattare ogni tipologia di carico, indipendentemente dalla bontà dei materiali, della macchina e della tecnica di assemblaggio. O meglio, non tutti gli apparecchi possono garantire lo stesso livello di sicurezza.
Il principio di funzionamento del ciclo, infatti, (quindi la presenza o meno di vuoto – in una o più fasi, l’efficienza dell’espulsione preliminare dell’aria, l’esistenza di una fase di asciugatura e le sue modalità di esecuzione, la maggiore o minore accuratezza nel controllo dei parametri termodinamici ecc.) condiziona fortemente la possibilità di sterilizzare i differenti tipi di carico.
La normazione tecnica definisce alcuni requisiti generali validi per tutte le macchine (norme prEn 13060-1) e prevede tre tipi di apparecchiature: B (norma prEn 13060-2); N (norma prEn 13060-3) e S (norma prEn 13060-4).
La sostanziale differenza tra questi tre “livelli” di apparecchiature è legata proprio alla tipologia di prodotti che possono essere sterilizzati entro la macchina, con riferimento ai relativi test di verifica di funzionamento (di cui parleremo nella seconda parte).

I requisiti generali


Nei requisiti generali vengono indicati prima di tutto gli scopi delle normative, seguiti da una descrizione sintetica dei differenti tipi di autoclavi, dagli standard di riferimento meccanici, a quelli elettrici (relativi anche alla componentistica di misura, come termocoppie, termoresistenze, indicatori di temperatura e di pressione ecc.), biologici e così via.

Autoclave Tipo B


La lettera B (che indica “Big small sterilizers”, ossia “grandi” piccoli sterilizzatori) indica le autoclavi di piccole dimensioni con prestazioni avvicinabili a quelle dei grossi impianti ospedalieri, sempre considerando le limitazioni dovute alle dimensioni della macchina.
Con tali apparecchi è possibile sterilizzare qualunque tipo di carico: corpi cavi (come turbine, manipoli vari, cannule ecc.), materiali porosi, carichi tessili, materiali imbustati e quant’altro.
Il fascicolo normativo relativo (come già detto prEn 13060-2) definisce, tra l’altro, i requisiti tecnici specifici del tipo B, complementari o supplementari rispetto a quelli elencati nei General Requirements.

Autoclave Tipo N


Il tipo N (che sta a indicare “Naked solid products”, cioè sterilizzatori per prodotti sciolti solidi) indica le autoclavi di piccole dimensioni preposte alla sterilizzazione del materiale semplice.
Con queste macchine non sarà, quindi, possibile sterilizzare corpi cavi, carichi porosi o tessili, prodotti imbustati, poiché le caratteristiche del ciclo non possono fisicamente consentire il superamento di determinati test.
In questo tipo di autoclave non è per niente assicurata la corretta penetrazione del vapore essendo questa legata a fattori ben precisi come per esempio la presenza di fasi di vuoto iniziale, in queste macchine non richiesto.
La decisione di sterilizzare prodotti imbustati, cavi, porosi entro un’autoclave di tipo N ricade sotto la totale responsabilità dell’utente.
Questa classe di apparecchi non prevede prove di asciugatura di alcun tipo: ciò è giustificabile col fatto che sterilizzando prodotti sciolti solidi, ossia non imbustati, il mantenimento della sterilizzazione nel tempo non è né richiesto, né richiedibile, dato che non vi è nessuna barriera fisica, carta, tessuto o altro, a protezione dell’attrezzo, che risulterà sterilizzato, ma non potrà essere considerato sterile una volta rimosso dall’autoclave.
A fronte di queste premesse si intende come il grado di asciugatura necessario sia perciò molto blando, dato che deve essere solo sufficiente a eliminare il velo di umidità da masse solide non assorbenti, né cave.

Autoclave Tipo S


Il tipo S (che vuole significare “Specified by the manufacturer”, quindi autoclavi le cui prestazioni sono precisate dal costruttore) raggruppa tutte le rimanenti apparecchiature, le cui caratteristiche e prestazioni devono essere accuratamente definite dal produttore a seguito di appositi test di tipo.
Questa è, in pratica, la classe intermedia tra il tipo B e il tipo N e non è, come negli altri due casi sopra descritti, rigidamente definita dalle norme.
Il costruttore può, infatti, dichiarare (ovviamente dimostrandolo) di quali prestazioni è capace la macchina, dal punto di vista del trattamento dei vari carichi, della qualità dell’asciugatura e altro, facendo avvicinare i connotati dell’autoclave di tipo S a quelli del tipo B, oppure del tipo N, oppure ancora facendoli rimanere su posizioni intermedie.

In sintesi …

Tipo autoclaveNorma di riferimentoÈ possibile trattareCaratteristiche di impiego
BPrEn 13060-2corpi cavi (come turbine, manipoli vari, cannule ecc.), materiali porosi, carichi tessili, materiali imbustati e quant’altroRappresenta lo stato dell’arte
NPrEn 13060-3Materiali non imbustati e comunque non porosiNon è assicurata la corretta penetrazione del vapore essendo questa legata a fattori ben precisi come per esempio la presenza di fasi di vuoto iniziale, non prevista in questo tipo di autoclave
SPrEn 13060-4La tipologia del materiale da trattare è legata alle specifiche di funzionamento fornite dal costruttore classe non rigidamente definita dalle norme e quindi con limiti e potenzialità che vanno valutati con estrema attenzione, caso per caso   

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